Prologo

In una sera di fine autunno, al tramonto del sole, Michio camminava di malavoglia verso casa tornando da scuola. A casa le lotte non finivano mai. Suo padre spesso era troppo intontito da un’ubriacatura per andare a lavo- rare la mattina. Sgusciava fuori dal letto verso mezzogiorno e si rimetteva a bere, dicendo che era una cura per i postumi della sbornia. Spesso diventava violento con la madre di Michio.

Suo padre non era sempre stato così. Era cambiato da tre anni, dopo che la sorella di Michio, più piccola di lui di quattro anni, si era ammalata ed era morta. Il padre dava la colpa alla moglie, dicendo che forse la figlia non sarebbe morta se lei si fosse accorta prima che qualcosa non andava e avesse portato la bambina all’ospedale.

A peggiorare le cose, si era ferito il pollice e l’indice in un incidente sul lavoro. Era sempre stato rispettato fra i suoi colleghi come un maestro car- pentiere particolarmente abile nel costruire i templi e i sacrari giapponesi usando metodi e materiali tradizionali. Ora, con l’uso limitato della mano, aveva difficoltà a produrre il calibro di lavoro di cui poteva sentirsi soddi- sfatto. L’incidente capitatogli quando ancora piangeva la figlia, gli aveva tolto la fiducia e l’entusiasmo. Cominciò a bere per dimenticare i suoi dolori. Più beveva, più diventava violento e più rapidamente la famiglia andava in crisi. Michio non riusciva a concentrarsi sugli studi e stava perdendo la speranza nella vita. Anche quel giorno provava una riluttanza opprimente a tornare a casa dopo la scuola. Si mise a camminare nella direzione opposta, senza avere in mente nessuna particolare destinazione, e presto si ritrovò in una strada a lui sconosciuta. Un edificio, alla sua destra, aveva tutta l’aria di una chiesa cristiana. Di fronte c’era la statua di una donna.

La famiglia di Michio apparteneva alla setta buddista della vera terra pura e lui non conosceva quasi nulla sul cristianesimo. Non sapeva nemmeno che quella era la statua della Vergine Maria. Ora di queste cose non gli importava niente. Gli piacque però il fatto che la donna paresse rivolgergli uno sguardo gentile e consolatore.

Pensò di ravvisare sul suo volto un velo di malinconia. Forse questo spie- gava il senso di familiarità che provava nei suoi confronti. In qualche modo pareva che la donna capisse il suo dolore e la sua pena. Da quel giorno in poi, spesso Michio faceva un lungo giro per tornare a casa in modo da passare accanto alla statua.

Circa un mese dopo, in una giornata di neve in prossimità del Natale, Michio stava camminando in direzione della statua. Era giù di morale più del solito e continuava a pensare al litigio che i suoi genitori avevano avuto quella mattina prima che lui uscisse per andare a scuola. Camminare nella luce evanescente del crepuscolo sulla neve che a poco a poco si andava ac- cumulando, lo fece sentire ancora più depresso, e rallentò il passo.

Non voglio andare a casa.

Quando sollevò la testa, vide la chiesa e istintivamente allungò leggermen- te il passo. Mentre si avvicinava, poteva a mala pena distinguere la statua nell’oscurità crescente e il biancore della neve. Un cappuccio di neve le copriva il capo. Come sempre, lei lo guardò con occhi gentili e melanconici. Di fronte alla chiesa c’era un albero decorato con le luci di Natale. Di tanto in tanto Michio poteva udire le allegre risate che provenivano dall’interno.

Quando è stata l’ultima volta che ho riso?

Provò tristezza rendendosi conto di quanto il suo cuore turbato pareva terribilmente fuori luogo in quell’atmosfera gioiosa. Non voleva andare a casa, ma non si sentiva neanche a suo agio lì. Sollevò il piede pesante sfor- zandosi di proseguire.

Quando alzò lo sguardo verso la donna un’ultima volta, d’un tratto pen- sò di vederla rabbrividire dal freddo. Dispiaciuto per lei, si tolse i guanti e li infilò nelle sue dita e mani sottili. Quand’ebbe finito, notò un oggetto scintillante cadere sulla neve. Si chinò a raccoglierlo. Sembrava un piccolo medaglione d’argento, lungo circa tre centimetri e largo due.
Michio usò le luci dell’albero di Natale per guardarlo meglio. Sembrava annerito e piuttosto vecchio. Su un lato c’era una croce e qualcosa che asso- migliava a una lettera dell’alfabeto romano. Sull’altro era incisa l’immagine di una donna in piedi con una specie di lungo mantello che le ricadeva a drappi dalle spalle. La donna ritratta nel medaglione assomigliava molto alla donna della statua accanto a lui. Il medaglione era troppo piccolo per poter distinguere i particolari del volto.

Non riusciva a capire da dove fosse venuto. Ma quando per caso alzò lo sguardo verso la statua della donna, per un attimo gli sembrò di vederla sorridere.

È possibile che mi abbia dato questo in cambio dei guanti?

Realisticamente non sembrava possibile, ma quel pensiero lo rese felice. Istintivamente strinse il medaglione fra le mani. Poi, all’improvviso, gli parve di udire una voce che diceva:
«Faresti bene ad entrare».

Si guardò intorno, ma non c’era nessuno. C’erano solo lui e la statua. Ebbe una sensazione spettrale.

Michio logicamente non poteva credere che fosse stata la statua a sussur- rare: «Faresti bene ad entrare», ma non poteva neppure negare di aver udito una voce chiara e gentile. Stranamente trovò il suo cuore pronto ad obbedire a quella voce. Così aprì timidamente la porta della chiesa ed entrò.

Dentro trovò una decina di persone sedute in cerchio attorno a un uomo che sembrava aver superato la cinquantina. Stavano leggendo un libro. Si interruppero e volsero la loro attenzione verso di lui, ma non sembravano infastiditi dalla sua intrusione. Anzi, Michio si sentì subito accolto.

«Salve, mi chiamo Michio Fujiwara. Faccio la prima superiore».

Nessuno avrebbe descritto Michio come un ragazzo dalla corporatura delicata. Era alto e robusto. I lineamenti del volto erano finemente marcati, con sopracciglia spesse e un naso dritto e sporgente. La tensione, però, lo fece parlare con una voce flebile che non si accordava affatto col suo aspetto fisico.

«Benarrivato, e grazie per essere venuto», disse l’uomo di mezza età. «Mi chiamo Goto e sono il prete di questa chiesa».

«Mi spiace di avervi interrotto. È che spesso sono stato confortato dalla statua di una donna che avete qui fuori davanti alla chiesa. Così sono voluto passare a ringraziarvi».
Padre Goto sembrò interdetto.

«La statua di una donna davanti alla nostra chiesa?»

«Davanti alla nostra chiesa non c’è la statua di una donna. Però c’è la statua di un uomo». Soggiunse una ragazza del gruppo, probabilmente una studentessa.

Le sue parole fecero scoppiare tutti a ridere. Michio, del quale ridevano, diventò tutto rosso.

«No, non è possibile. Ho visto la sua espressione gentile tante volte. Non mi sbaglio».

«Beh, se significa così tanto per te, andiamo a dare un’occhiata», disse il prete.

«Ben volentieri».

Gli altri seguirono il sacerdote e Michio verso la porta. La neve non aveva smesso di cadere.

Quando Michio si avvicinò alla porta d’ingresso e guardò fuori, rimase impietrito dallo stupore e restò senza parole.

La statua della donna, nelle cui mani aveva infilato i suoi guanti e che gli aveva sorriso con tanta bontà, non c’era più. Al suo posto c’era la statua di un uomo con le braccia distese, proprio come avevano detto tutti nella chiesa.

«No, non è possibile. Sono sicuro che là c’era la statua di una donna. Mi ha sempre rivolto quell’espressione dolce. Non avete idea di quanto sia stato consolato e incoraggiato da lei. Non era un sogno o una visione. Ho sentito veramente quel calore nel mio cuore. Non sto mentendo».

Michio non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma soprattutto non poteva sopportare l’idea che potessero considerarlo un bugiardo. Quasi in lacrime, protestò disperatamente che stava dicendo la verità.

Poi, d’un tratto, si ricordò del medaglione.

«Guardate, mi ha dato questo».

Michio aprì la mano destra nella quale aveva tenuto il medaglione tutto quel tempo. Vedendolo, il gruppo improvvisamente divenne serio e silenzioso.

«Una medaglia miracolosa di Maria Immacolata–Sama», disse la stessa ragazza, usando il suffisso onorifico giapponese ad indicare il più alto grado di rispetto.

«Maria Immacolata? Medaglia miracolosa?» Michio non aveva idea di cosa stesse parlando e poté solo ripetere le sue parole.

«Questo medaglione è chiamato medaglia miracolosa», spiegò Padre Goto.

«Nel 1830 Maria Immacolata–Sama, apparve ad una suora francese, Santa Caterina Labouré, e le disse di fare queste medaglie. Quando noi ne indos- siamo una e preghiamo “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”, la Madonna ci protegge e ci dà tante benedizioni. È un dono di Maria Santissima».

Vedendo che Michio era ancora abbattuto e confuso, il sacerdote gli posò dolcemente una mano sulla spalla.

«Non preoccuparti. Non penso neanche per un momento che tu stia men- tendo. Devi aver freddo», disse. «Vuoi venire dentro a bere una tazza di te?»

Le parole di Padre Goto furono un’altra sorpresa per Michio.

In una situazione del genere, mi aspettavo che dicesse che sto mentendo.

Nonostante il suo timore, nessuno sembrava prenderlo in giro. Anzi i visi di tutti lasciavano intendere di aver scoperto qualcosa di meraviglioso.

«Forse quella che hai visto era veramente la statua di una donna», disse Padre Goto. «Io credo che queste cose siano possibili».

Le sue parole convinsero Michio che lo prendevano sul serio. Ritrovato il suo contegno, Michio lasciò che il prete gli facesse nuovamente strada dentro la chiesa.

«Per oggi basta con lo studio della Bibbia», disse Padre Goto. «Prendiamo un po’ di te. Dopo tutto, Maria–Sama ci ha mandato una persona molto speciale».

Michio capì per la prima volta che la donna che aveva visto era la Vergine Maria, la madre di Gesù Cristo.

«Buona idea!» dissero alcuni studenti con entusiasmo.

Michio era sorpreso e felice perché nessuno nella chiesa – non solo Padre Goto – pareva pensare che stesse mentendo.

Poco dopo, il gruppo era tutto assorto ad ascoltare Michio che raccontava come gli era successo di passare accanto alla chiesa, com’era stato confortato dalla statua della Vergine Maria e come aveva deciso di entrare in chiesa. Quel momento sarebbe rimasto prezioso per Michio per il resto della sua vita.

Dopo aver salutato tutti e lasciato la chiesa, Michio andò ancora una volta nel punto in cui aveva visto la statua della donna. La statua della Vergine Ma- ria non c’era più. Al suo posto c’era una statua di Gesù con le braccia distese. Alla confusione che Michio aveva provato prima subentrò un senso di calma. I sentimenti di vuoto, oppressione e tristezza che l’avevano afflitto se ne erano andati. Il suo cuore era stato cupo e senza speranza. Aveva persino cominciato a pensare che la sua vita non aveva nessun significato. Ora una
vivida luce cominciò a brillare nel suo cuore.

Non sapeva nulla di Gesù Cristo; non capiva il cristianesimo. In qualche modo, però, avvertiva l’esistenza di una forza soprannaturale che influiva sul suo destino. Per Michio, la verità innegabile era che la Vergine Maria era stata lì.

La neve finalmente smise di cadere e il tenue chiarore della luna illuminò il cammino di Michio. La voce chiara della Vergine Maria che sussurrava:
«Faresti bene ad entrare», continuava a risuonare nel suo cuore.

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